Il Bilancio preventivo 2007: ci arrendiamo?
23 gennaio 2007
La bozza di Bilancio per il preventivo del 2007 rivela quello che già,
per chi lo voleva vedere, era evidente da tempo. Questa situazione
ha ragioni comuni alle altre Università italiane, ma ha anche
pesanti ragioni locali, frutto di scelte di chi ha governato l'Ateneo
negli ultimi anni; e, indubbiamente, queste scelte sono state fatte
con il consenso di molti di noi. Quante altre Università italiane
sono a questo punto? Ci sono Atenei delle dimensioni del nostro che
sono in pareggio. È chiaro che i recenti e meno recenti provvedimenti
dei Governi di questi anni hanno creato problemi a tutte le Università italiane,
ma problemi così gravi di bilancio non sono condivisi da tutto
il sistema universitario italiano.
A questo punto sarebbe doveroso che chi ha governato l'Ateneo
facesse un'analisi un po' più obiettiva delle proprie responsabilità,
invece di ribaltare tutte le colpe sui Governi passati, presenti e
forse futuri. Come è pensabile che la soluzione dei nostri problemi
sia solo quella di protestare con l’annullamento della consueta
inaugurazione dell’anno accademico perché il governo centrale
non finanzia le decisioni autonome della nostra Università?
La spiegazione di questo “segnale forte” è ben evidenziata
dalle parole di un preside riportate da “Il Giornale della Toscana” (18/1/2007,
p. 8): “Le difficoltà finanziarie nelle quali si muove
l’università tutta, e l’ateneo fiorentino prima
e più di altri, ci hanno spinto ad adottare in Senato soluzioni
pesanti e penose”. Infatti - prosegue l’intervista - “[le
misure straordinarie adottate] non basteranno mai a sanare
davvero la situazione, a garantire all’ateneo un buon funzionamento se
non vi saranno interventi correttivi a monte”. La protesta di
Marinelli è evidentemente più forte perché noi
ci troviamo in condizioni peggiori degli altri.
E' comunque facile dimostrare che da anni non si trovi in nessuna
relazione di bilancio, né in nessuna prolusione per l'inaugurazione
dell'anno accademico alcun elemento di autocritica, come se quanto
fatto dall'Ateneo fosse sempre perfetto. Ai cittadini bisognerebbe
dare informazioni corrette sulla loro Università, a meno che
non si voglia utilizzare ancora l'Ateneo per operazioni politiche o
di immagine politica. Non sono stati certo solo gli scatti biennali
o gli aumenti Istat, in parte pagati dai governi, ad avere creato questa
situazione.
Le ragioni strutturali dei nostri problemi di bilancio sono
parecchie: mutui edilizi, spese di manutenzione dei nuovi insediamenti
che non
erano state previste o sottostimate, etc. Avremo occasione di tornarci
sopra. Ma la spesa strutturale ritenuta più significativa è quella
del personale.
Il Rettore, come si legge nel sito dell'ateneo (Notizie del 27 dicembre
2006), afferma:
Per poter andare avanti siamo ancora una volta costretti a ricorrere
a misure eccezionali. Voglio ricordare che le misure proposte per il
contenimento del disavanzo non sono il frutto di libere scelte dell'ateneo,
ma vengono imposte dai mancati finanziamenti di spese decise esternamente,
prime fra tutte gli adeguamenti contrattuali del personale. Non posso
che rinnovare perciò un forte dissenso nei confronti delle politiche
nazionali di finanziamento dell'università e della ricerca.
La ragione è che i docenti dell'Ateneo di Firenze hanno fatto
carriera: i ricercatori sono diventati associati o ordinari, gli associati
ordinari.
Fatto molto positivo, in parte inevitabile dopo il blocco di concorsi
protrattosi per anni.
Positivo per tutti quelli che ne hanno beneficiato
e per lo sviluppo di molti settori scientifico-disciplinari, ma non
privo di conseguenze economiche. Erano state previste queste conseguenze
economiche?
Come dimostra anche la relazione del Rettore al bilancio, questa politica
ha prodotto un effetto: quello che dal 2001 al 2006 i ricercatori del
nostro Ateneo sono diminuiti del 4,3%, mentre in Italia, in media,
sono aumentati del 15%. Infatti l’idoneità costruita sul
delta e non sul costo effettivo di un nuovo posto, risultava vantaggiosa
per liberare risorse destinate all’edilizia. Siamo probabilmente
l'università italiana più indebitata e, probabilmente,
la più vecchia (v. ora La Repubblica, 20 gennaio 2007).
Anche le altre Università hanno fatto cose analoghe (come si
fa a non chiamare il collega, l'amico, l'allievo che lavora con te
da anni e che ha vinto un concorso?), ma noi abbiamo forse esagerato.
Ci sono soluzioni alternative? Si, ma queste richiedono di
ripartire da un diverso governo dell’Ateneo, visto il fallimento
di quello attuale.
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